Il paesaggio è un oggetto-concetto fragile per tanti motivi: perché è difficile definirlo, conoscerlo davvero e di conseguenza tutelarlo; perché la pressione del cambiamento climatico lo trasforma, spesso con eventi disastrosi; perché anche l’uomo sembra talvolta non curarsene, nella tensione alla ricerca di uno “sviluppo” in nome del quale non esita a cancellare le tracce della memoria storica dei luoghi.
Parla anche di questo, il volume di Antonella Tarpino, storica e saggista, vicepresidente della Fondazione Nuto Revelli, “Il paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini”, Einaudi, 2016. Ma non fa grandi riflessioni generali, impiegando alcuni casi selezionati allo scopo come meri esempi a corredo della tesi; al contrario, il motivo per cui il libro è così godibile è che somiglia piuttosto a un diario di viaggio introspettivo.
L’autrice accompagna i lettori nel dispiegarsi a tratti immaginifico dei pensieri che scaturiscono dalle sue esplorazioni geografiche, che subito si pongono come multidisciplinari – com’è, appunto, il paesaggio – intrecciando storia, sociologia, economia, storia dell’arte, studi sul folclore… Sono i casi concreti che incontriamo insieme a lei a strutturare il volume, conducendo il ragionamento, con grande naturalezza, dal particolare all’universale, aprendo finestre successive, un link disciplinare dopo l’altro.
La sorpresa particolarmente positiva, per noi, è che questo itinerario composito, che segue i fili della memoria e degli interessi dell’autrice, si dispiega in gran parte in Piemonte.
Proseguite qui per ripercorrere le sue tracce insieme a noi.
Antonella Tarpino, Il paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini, Einaudi, Torino, 2016.