Nell’ambito del convegno annuale della Cipra – Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi – la città di Biella è stata premiata come Città Alpina dell’Anno. Al centro dell’appuntamento, il ruolo dei servizi ecosistemici nel rapporto tra città e montagna.
La Cipra, Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi, è un organismo fondato nel lontano 1952 per riunire sotto lo stesso tetto organizzazioni non governative, singoli soggetti e gruppi che hanno a cuore lo sviluppo sostenibile delle Alpi, mediante azioni concrete di sensibilizzazione, organizzazione di eventi, partecipazione attiva dei cittadini e la sottoscrizione di documenti, studi e ricerche nelle quattro principali lingue dell’arco alpino.
Tra le azioni più importanti a riguardo vi è la stesura, nel 1991, della Convenzione Europea per la Protezione delle Alpi, trattato di livello internazionale che è stato ratificato dai principali Paesi europei, tra cui l’Italia, e che impegna gli Stati aderenti ad attuare una serie di protocolli articolati in diverse tematiche (dai trasporti all’energia rinnovabile, dallo sfruttamento delle risorse in chiave turistica innovativa alla protezione delle peculiarità culturali locali, ecc.).
Oltre a questa importante iniziativa, periodicamente vengono intraprese altre attività, sempre orientate ad accrescere la collaborazione a livello istituzionale e a promuovere e diffondere le buone pratiche dello sviluppo sostenibile: tra queste, la nomina della Città Alpina dell’anno, in cui viene riconosciuta la città che più si è contraddistinta per il particolare impegno profuso nell’attuazione della Convenzione delle Alpi.
Quest’anno ad aggiudicarsi il premio è stata la città di Biella, durante l’evento che ha coinciso con il convegno annuale della Cipra, che quest’anno ha affrontato il ruolo dei servizi ecosistemici nel rapporto tra città e montagna, all’interno della suggestiva cornice del Campus Universitario firmato dalla nota architetta Gae Aulenti, recentemente scomparsa e nativa di Biella.
Nelle giornate del 2 e 3 luglio, oltre 100 partecipanti hanno potuto ritrovarsi, dopo un anno e mezzo di stop, a discutere finalmente in presenza con gli esperti e i rappresentanti delle comunità locali e fare il punto della situazione in merito all’importanza del capitale naturale e del ruolo che esso svolge, sia per i residenti nelle località alpine sia per i cittadini delle città e degli agglomerati urbani posti a ridosso delle Alpi.
Ma che cosa sono i servizi ecosistemici? E che cosa rappresentano? Un nuovo paradigma, su cui si stanno svolgendo molti progetti a livello universitario ma anche sperimentazioni per l’attuazione di una nuova politica di uso delle risorse naturali, che assumono il ruolo di capitale insostituibile e non rinnovabile e come tale a rischio di depauperamento e scomparsa per vari fattori, dovuti principalmente a un utilizzo disequilibrato, ma anche ai sempre più rapidi cambiamenti climatici.
Come programmare per il futuro un loro uso più sostenibile? E quale sviluppo economico potrebbe derivare dall’applicazione di una diversa politica di impiego delle risorse naturali?
Il convegno ha affrontato queste tematiche con l’aiuto di relatori qualificati, docenti universitari, tecnici, sindaci ma anche imprenditori che, con la loro testimonianza, hanno divulgato un diverso modello di sviluppo e di uso delle risorse.
Il prof. Riccardo Santolini ha illustrato, con vari esempi, come la natura, se alterata, si comporta come una macchina: se diminuisce la biodiversità e scompaiono specie, allora il motore può comportarsi in modo anomalo, “perde colpi”, e prima o poi smette di funzionare. Così succede per gli ecosistemi che, per la loro fondamentale importanza per la vita umana, assumono il ruolo di “beni comuni”: è un concetto che già nel secolo scorso, in Italia, era stato riconosciuto dalla legislazione con un Regio Decreto che, sotto la voce Usi Civici, classificava quei terreni da secoli sfruttati dalle comunità locali per gli usi allora fondamentali per il sostentamento delle collettività quali il legnatico, il pascolo, ma anche la pesca e la raccolta della torba.
Un medico, il prof. Arnulf Hartl, direttore dell'Istituto di Ecomedicina della Paracelsus Medical University di Salisburgo/A, ha dimostrato come le Alpi rivestono il ruolo di enorme spazio naturale per la cura in sito delle principali malattie immunologiche contemporanee, quali allergie respiratorie e asma bronchiale; passeggiate ed escursioni in alta quota, soggiorni in alpeggi offrono un importante stimolo alla cura e alla riabilitazione delle persone affette da queste patologie.
Anche le buone pratiche esaminate nei progetti comunitari, come nel progetto GreenSpaces, possono portare alla luce nuove informazioni inerenti alla capacità che hanno gli alberi di assorbire CO2, con soluzioni digitali innovative per il monitoraggio del verde cittadino in due contesti differenti, Lugano e Bolzano.
La certificazione internazionale dei servizi ecosistemici delle foreste, esempio trattato dalla prof.ssa Laura Sacco, docente dell'Università di Padova/I, può essere una buona pratica per l’approccio in chiave innovativa al tema della conservazione del capitale naturale.
Il prof. Antonio De Rossi, architetto e docente del Politecnico di Torino, ha parlato del progetto “Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste”, presentato nella ultima pubblicazione da lui curata insieme a Filippo Barbera, analizzando le potenzialità delle aree marginali e interne alla luce delle sfide future post Covid.
Sono stati inoltre presentati nuovi approcci in agricoltura, con l’esempio portato da giovani imprenditori che dal Biellese si sono spostati nella Valle del Lys, a Gressoney, recuperando le cultivar delle antiche specie di patate di montagna; il progetto ha dimostrato l’esigenza di un giusto riconoscimento del prezzo del prodotto, in cui deve essere adeguatamente ricompensato l’impegno profuso in aree ove la coltivazione è estensiva e il periodo di produzione del bene è sicuramente inferiore in termini di quantità rispetto alle medesime produzioni di pianura.
Il prof. Andreas Muhar, dell'Università di risorse naturali e scienze della vita applicate di Vienna/A, membro del Sounding Board della CIPRA Internazionale, ha descritto il concetto di servizi ecosistemici come uno dei tanti nell'attuale dibattito politico, sottolineando l’importanza di creare narrazioni che portino i fruitori dei servizi ercosistemici ad apprezzarli attraverso una “connessione emotiva”.
Si è infine svolta la tavola rotonda, moderata dal giornalista Silvano Esposito, dove i rappresentanti istituzionali di alcune città o borghi alpini hanno portato l'esempio delle buone pratiche e azioni messe in campo per migliorare la qualità della vita nei loro territori.
“C'è bisogno di costruire maggiore consapevolezza dei benefici diretti e indiretti che gli ecosistemi alpini offrono, anche oltre i propri confini – e anche da un punto di vista sociale ed economico”, ha rammentato Katharina Conradin, presidente di CIPRA Internazionale.
Testo e foto di Alfredo Visentini