Nel maggio 1909, sulla rivista «Verbania», compare la proposta di creare un museo storico e artistico regionale, con sede a Pallanza. Il nuovo contenitore avrebbe raccolto opere d’arte, oggetti antichi, fotografie, ritratti, manoscritti e stampe capaci di testimoniare la storia locale.
Nelle settimane successive, sotto la supervisione dell’insegnante novarese Antonio Massara, fondatore anche della rivista su cui era stato pubblicato l’appello, si susseguono incontri dedicati e inviti a sostenere l’iniziativa, sia presso la popolazione che verso le istituzioni. Già a settembre, grazie a questo sostegno diffuso, inaugura il Museo storico artistico del Verbano e delle Valli adiacenti, che ospita una prima Mostra Storico Artistica Regionale, presso l’antica dimora nobiliare di Casa Viani, la cui facciata affrescata rinascimentale affaccia sulla Ruga di Pallanza. Pochi mesi dopo, tuttavia, il Museo è costretto a traslocare; nella nuova sede, al primo piano dell’Asilo comunale di Pallanza, le idee di Massara cominciano lentamente a prendere forma. Qui, il professore progetta una Galleria d’Arte del Paesaggio, destinata a ospitare vedute del territorio realizzate da artisti ottocenteschi e contemporanei.
Nel 1914 il Museo trova finalmente la sua collocazione definitiva all’interno del Palazzo Viani Dugnani, inizialmente nel solo piano nobile. In questa occasione l’istituzione cambia anche la sua denominazione, diventando ufficialmente Museo del Paesaggio. È lo stesso Massara a spiegare il senso di questo cambiamento, intendendo con il termine paesaggio «non il cliché stereotipo dei panorami naturali, ma l’aspetto intimo e profondo e continuamente mutabile sotto l’impronte della vita umana, della visibile scena del mondo». Si tratta di un concetto estremamente moderno, che nella sostanza coincide con la definizione presente nella Convenzione europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2000, nella quale il termine designa «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni».
Dopo un primo momento di crisi che segue la morte del suo fondatore (avvenuta nel 1926), l’attività del Museo riacquista vigore verso la fine degli anni Trenta. Nel 1937 Paolo Troubetzkoy, scultore di origine russa ma Verbanese a tutti gli effetti (è nato a Intra nel 1866 e ogni anno trascorre l’estate nella sua residenza della Cà Bianca, nei pressi di Suna), dona alcuni suoi gessi; dopo la sua morte, nel 1939, i suoi eredi – assecondando le volontà dell’artista – scelgono di donare al Museo del Paesaggio tutte le opere che si trovano nei due studi dello scultore, quello di Suna e quello di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, sua residenza ufficiale. Nello stesso anno, con l’unione di Pallanza e Intra e la nascita della città di Verbania, il Museo incamera disegni e dipinti già custoditi nella Sala Storica Intrese, una sezione della Biblioteca di Intra, nata parallelamente al Museo stesso e destinata a ospitare le memorie storiche e artistiche della cittadina.
A partire dagli anni Sessanta, il Museo del Paesaggio conosce un'altra stagione di crescita e di rinnovamento, dapprima grazie alla stretta collaborazione che si instaura con l’allora Soprintendenza alle Gallerie del Piemonte e in seguito con l’opera di riorganizzazione che si deve a un nuovo gruppo di volontari.
Da questo momento, il Museo del Paesaggio organizza annualmente importanti esposizioni e cura pubblicazioni dedicate agli artisti locali e non, approfondendo in maniera sempre più incisiva il legame tra il territorio e le collezioni del Museo.
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Abbiamo visitato recentemente il Museo, guidati dal suo Direttore artistico Federica Rabai e dal Direttore organizzativo Paola Bertinotti. La ricchezza delle sue collezioni ci ha sorpreso e abbiamo particolarmente apprezzato l’allestimento che, senza indulgere a facili effetti scenici, instaura un dialogo con il magnifico edificio che lo ospita; le opere e la sede, con i panorami del lago sullo sfondo, si valorizzano a vicenda e fanno convergere lo sguardo e il pensiero su quell’«aspetto intimo e profondo» che dà tuttora il senso all’esistenza del Museo, e a ogni autentica iniziativa di tutela del paesaggio.