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Il paesaggio del romanico

A partire dall’anno Mille inizia un periodo di rinascita economica, caratterizzato dalla crescita della produzione agricola, dallo sviluppo dell’artigianato e dal conseguente incremento dei traffici commerciali. Tornano a svilupparsi le città, che in molti casi si danno un governo autonomo, portando alla nascita dei primi Comuni. Fioriscono gli ordini monastici e si fondano numerose abbazie, tappe dei pellegrinaggi verso Roma (lungo la Via Francigena), Santiago di Compostela e Gerusalemme. 

Come scrisse il monaco Rodolfo il Glabro, “il mondo scosse la polvere dalle sue vecchie vesti e la terra si ricoprì di un candido manto di chiese”. Trascorso più di un millennio, un’attenta lettura del territorio non può prescindere dal prendere in considerazione queste chiese, dense di significati simbolici e di straordinaria bellezza, incastonate tra elementi paesaggistici naturali con i quali, ormai, formano un tutt’uno.
Il rapporto tra il Romanico e il paesaggio è frutto di quell’ordito complesso che intreccia natura e ambiente con la storia, la cultura, l’identità, la memoria e le tradizioni delle popolazioni che lo hanno vissuto.
Parafrasando la frase di Rodolfo, oggi non abbiamo bisogno di scuoterci di dosso la polvere delle nostre vecchie vesti, quanto piuttosto di disporci a recuperare ciò che resta.

In questa ottica, tra le iniziative virtuose che si stanno attivando in questi anni, vi è il progetto “Valorizzazione e fruizione del complesso dell’Abbazia di Santa Fede e del suo paesaggio tra il Monferrato e la collina Torinese”, finanziato dalla Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando Luoghi della Cultura 2018.
Il 14 aprile scorso, giornata del Romanico in Piemonte, il progetto si è concretizzato nell’inaugurazione dell’Abbazia di Santa Fede a Cavagnolo, a seguito dei lavori di restauro finanziati dal bando stesso; l’occasione ha visto anche lo svolgimento del convegno “Il paesaggio del Romanico”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DiSAFA) dell'Università di Torino. Il convegno è stato moderato da Marco Devecchi, Docente di “Parchi e giardini" del Corso di Laurea in Scienze e tecnologie agrarie. Presente all’incontro anche l’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Antonella Parigi, che ha sottolineato l’importanza di queste iniziative e la recente notizia per cui, secondo la guida turistica Lonely Planet, il Piemonte è al primo posto tra le dieci regioni al mondo da visitare e, tra i motivi di questa scelta, vi è senz’altro anche la presenza di numerosi gioielli del Romanico, sparsi sul nostro territorio.

 Abbazia di Santa Fede dopo il restauroWEB

Abbazia di Santa Fede dopo il restauro

Carlo Tosco, docente del Politecnico di Torino e Presidente del Corso di Laurea in Progettazione delle aree verdi e del paesaggio del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST), ha trattato di due celebri esempi di Romanico in Piemonte, la Sacra di San Michele e San Secondo di Cortazzone. Attraverso ricostruzioni realizzate con la meticolosa consultazione di archivi storici e la rielaborazione delle mappe catastali, ha mostrato il paesaggio che si può ipotizzare li circondasse fino al XVIII-XIX secolo. Attorno alla Sacra, monumento romanico del XII secolo, situata lunga Via Francigena, vi era ad esempio un paesaggio tipicamente agrario, in cui l’intervento dell’uomo era evidente, caratterizzato da prati, pascoli e vigneti. Ulteriori riflessioni sono state formulate sugli aspetti geologici del territorio, in quanto i materiali con cui è realizzata la Sacra sono calcescisti e pietre verdi locali. Anche San Secondo di Cortazzone, sempre del XII secolo, ha visto formarsi attorno a sé, nei secoli successivi, un’alternanza di vigneti e prati, intervallati da zone boschive, che nel loro complesso trasmettevano all’osservatore l’impressione di un grande “paesaggio-giardino” ben curato.

È dunque seguito l’intervento di Maria Grazia Cavallino, co-autrice del libro “Sacri volti in antiche pievi: affreschi prerinascimentali tra Asti, Langa e Monferrato”, che ha illustrato la cospicua e affascinante iconografia simbolica del tempo. Essa si esprime sia attraverso la scultura, in particolare dei capitelli, sia con la pittura; l’autrice si è soffermata in particolare sulle “Madonne del latte”, rappresentazioni non comuni della Vergine con il seno scoperto che allatta il Bambino, presenti negli edifici romanici disseminati nei territori dell’Alessandrino e dell’Astigiano.

Paola Salerno, architetto, già funzionaria della Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio del Piemonte ed ex direttore della canonica di Vezzolano, ha a propria volta dimostrato la stretta correlazione tra gli edifici romanici e il paesaggio circostante. Attraverso una carrellata di immagini di edifici dislocati in tutta la penisola, ha sottolineato come l’uso di pietre locali per la costruzione delle chiese abbia portato, pur entro un’idea di progettazione comune, allo sviluppo di espressioni peculiari del Romanico, differenti da regione a regione.

Franco Correggia, naturalista, membro dell’Associazione Muscandia, ha illustrato la costellazione di chiese romaniche sparse lungo il territorio. Esse rappresentano un “codice del tempo” che, opportunamente decifrato, permette di mantenere viva la memoria e la conoscenza che questi luoghi custodiscono.

Dario Rei, docente del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino, ha riportato delle riflessioni sulla percezione del patrimonio romanico, frutto di uno studio partecipato in cui sono stati coinvolti i fruitori dell’Abbazia di Santa Fede di Cavagnolo. Nella sua premessa all’esposizione dei dati, ha sottolineato il rischio che questo patrimonio si riduca al passaggio, di mano in mano, di oggetti sprovvisti di senso, ridotti a vuoti simulacri, oggetto di “devozione erudita” o, al contrario, caricati di suggestioni fantasiose, in ogni caso soggetti a errate interpretazioni.

Paola Gullino, insieme a Federica Larcher, del DiSAFA, ha poi illustrato specificamente il citato progetto “Valorizzazione e fruizione del complesso dell’Abbazia di Santa Fede e del suo paesaggio tra il Monferrato e la collina Torinese”, finanziato dalla Compagnia di San Paolo e cofinanziato dal Comune di Cavagnolo. Tramite il contributo erogato, è stato reso possibile il rifacimento della facciata e del sagrato dell’Abbazia di Santa Fede, monumento romanico tra i più rappresentativi del Piemonte.
Il progetto di restauro dell’edificio, curato da Pier Carlo Petitti, ha comportato due diversi interventi di manutenzione straordinaria. Il primo è consistito nella pulizia e nel restauro della facciata principale, con la stuccatura della lesione nella lunetta del portale, danneggiata da una crepa, restituendo così al suo originario splendore la parte più pregevole della chiesa. Il secondo, la rimozione dell’asfalto nel piazzale antistante e la sua sostituzione con parti a verde e parti in acciottolato e pietra, ha consentito l’adeguamento del contesto al pregio dell’edificio.
Nel progetto di ricerca il DiSAFA, come partner scientifico, sta conducendo diverse attività, coordinate da Marco Devecchi, volte alla valorizzazione e fruizione del complesso ecclesiastico. Attraverso una ricerca storico-archivistica, sono state individuate le permanenze storiche del paesaggio agrario in cui il complesso è inserito e i valori storico-culturali da promuovere, così da innescare processi virtuosi di sviluppo sostenibile e di fruizione sul territorio. Al contempo si sta ripristinando anche l’Hortus conclusus, posto dietro l’Abbazia, dove sarà allestito un “campo catalogo”, a scopo didattico e di visita. In questo spazio, delimitato da una cinta muraria, saranno coltivate – nonché impiegate dalle suore che vivono attualmente nel complesso – le specie erbacee e arbustive un tempo coltivate dai monaci nel Giardino dei Semplici, esempio di giardino medioevale. Questa collezione botanica permetterà sia di far conoscere al pubblico e alle scolaresche le antiche specie, preservando la biodiversità, sia di recuperare un patrimonio cultivarietale che potrà rappresentare una nuova opportunità di sviluppo per il territorio.
Una volta ripristinata appieno la fruibilità del complesso architettonico, l’Abbazia di Santa Fede potrà essere inserita a pieno titolo nel circuito turistico culturale del Romanico del Monferrato e della collina torinese.

Il convegno si è concluso con l’intervento di Francesco Garetto, ingegnere, membro dell’Associazione InCollina, ambasciatore italiano per il riconoscimento degli itinerari romanici in Piemonte nell’ambito della “Transromanica”, Associazione nata in Germania nel 2003 e impegnata a promuovere il patrimonio europeo dell’arte e dell’architettura romanica. Il suo contributo si è focalizzato sulla storia di questo percorso, riconosciuto nel 2007 come “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” – il cui programma, lanciato nel 1987, ha l’obiettivo di dimostrare in modo visibile, per mezzo di un viaggio nello spazio e nel tempo, come il patrimonio culturale dei diversi Paesi europei rappresenti un bene condiviso. L’intervento è proseguito con la descrizione dell’itinerario del Romanico nell’Astigiano, che attualmente presenta 13 chiese maggiori in cui, alla pari del più famoso Cammino di Santiago, il pellegrino può ricevere l’apposito timbro dell’avvenuto transito. Anche grazie all’impegno di Garetto, nel settembre 2008 la chiesa di Santa Maria di Vezzolano è stata inserita tra gli itinerari della Transromanica.

Nel pomeriggio si è svolta la visita sia all’esterno che all’interno dell’Abbazia di Santa Fede, appena inaugurata dopo i recenti lavori di restauro che, in questa prima fase, si sono concentrati soprattutto sulla facciata.

 

Articolo e foto di Loredana Matonti